Internet of Things (IoT) significa letteralmente “internet delle cose” o “internet degli oggetti”. Si riferisce all’enorme rete di oggetti connessi alla rete che sono in grado di dialogare tra di loro. Parliamo di automobili, impianti di climatizzazione o riscaldamento, telecamere, elettrodomestici, smartwatch, etc., ovvero tutti quei dispositivi intelligenti che hanno la possibilità di scambiare dati con altri dispositivi connessi.
Ed è proprio grazie a questa connessione tra di loro e con la rete, che possono offrire funzionalità aggiuntive, come monitoraggio dei consumi energetici, controllo da remoto, gestione di specifici scenari (es. che controllano l’aria e agiscono in caso i livelli di polveri siano elevati), e ovviamente aprire la strada al concetto di Smart Home e all’Internet of Payments.
Il concetto di Smart Home è ormai noto a parecchi italiani: nel 2017 il 55% delle persone ne aveva già sentito parlare e a fine 2018 questo dato è salito al 59%. Di questo 59%, il 69% sono persone di età compresa tra i 36 e 45 anni. Inoltre circa il 41% possiede almeno un oggetto intelligente (+3% rispetto al 2017)¹, segno evidente che è stata fatta una grande pubblicità negli ultimi tempi: dalle lampadine intelligenti agli smart speaker (come Google Home e Amazon Echo), assistenti vocali intelligenti che semplificano la gestione di più oggetti intelligenti presenti in casa e li collegano al mondo IoT.
Ma il 42% di chi possiede almeno un oggetto Smart non usa le sue funzionalità aggiuntive, di cui il:
Questi dati evidenziano una mancanza di funzionalità aggiuntive che possono essere percepite dall’utente come valore aggiunto. Solo il 29% delle soluzioni offerte propongono un servizio aggiuntivo, ma sono prevalentemente servizi base come la gestione di dati su cloud. All’estero vi sono esempi più evoluti, come serrature e videocamere Smart che riconoscono i corrieri e sbloccano temporaneamente le porte per la consegna dei pacchi quando l’acquirente non è in casa (es. Amazon Key negli Stati Uniti). Quest’ultima funzione potrebbe essere molto vantaggiosa per l’Ecommerce.
Nonostante il mercato italiano risulti più indietro rispetto a molti altri paesi ha registrato una crescita del 52% rispetto al 2017, passando da un fatturato (generato da aziende italiane o con sedi operative in Italia) di 250 milioni di euro a 380 milioni (mentre la Germania, per esempio, ha avuto un incremento del 39% raggiungendo quota 1,8 miliardi di euro e il Regno Unito un incremento del 39%, raggiungendo quota 1,7 miliardi di euro)². Ma la novità principale in questi ultimi tempi è stata il lancio in Italia degli attesissimi smart speaker. Nonostante compongano solo il 16% del fatturato di questo mercato (circa 60 milioni di euro) sono diventati un elemento trainante nel mondo Smart Home in Italia, così suddiviso: 35% in ambito sicurezza, 16% smart speaker, 14% elettrodomestici, 12% riscaldamento e 23% altre applicazioni. Dopo il loro lancio sono aumentate le vendite di tutti gli oggetti Smart per la casa, dagli elettrodomestici connessi ai dispositivi per la sicurezza.
La ripartizione dei canali di vendita in ambito Smart Home sta mutando in favore di un’ottica sempre più plug & play: l’utente deve solo collegare il dispositivo ed è subito funzionante. Nonostante la filiera tradizionale (composta, per esempio, da installatori professionisti) sia ancora dominante e ricopra il 50% del mercato italiano, ha però subito un grosso calo rispetto al 2017 (passando da una quota di vendite del 70% al 50%), e ha perso terreno rispetto ad altri canali, quali il retail online e offline, che hanno visto una crescita totale del 160%, arrivando a ricoprire il 40% del mercato italiano³.
La causa di questo rallentamento della filiera tradizione è proprio il suo approccio molto conservativo, che non ha tenuto conto della diffusione di dispositivi auto-installanti, con relativa evoluzione delle esigenze dei consumatori. Essi sono infatti sempre più propensi ad acquistare autonomamente online o in negozio e a richiedere, eventualmente, l’intervento di un professionista solo in un secondo momento.
Al giorno d’oggi ci sono circa 7 miliardi di dispositivi IoT connessi alla rete ed è previsto che raggiungeranno 10 miliardi entro il 2020 e 21.5 miliardi per il 2025⁴.
L’Internet of Payments rientra all’interno dell’IoT, poiché grazie a questa connessione tra dispositivi i clienti avranno la possibilità di pagare con nuove modalità: con i loro dispositivi indossabili (es. smartwatch), con la loro auto (es. pagando automaticamente per il carburante), attraverso gli Smart speaker (es. “Alexa, ordina una pizza”) e con altre modalità come i Dash Button di Amazon.
Con l’espandersi dell’IoT i mondi retail ed Ecommerce dovranno quindi adeguarsi e offrire metodi di pagamento alternativi e un’esperienza d’acquisto omnichannel. I clienti avranno infatti la possibilità di iniziare il loro customer journey da un dispositivo (es. smartphone) e terminarlo con un altro (es. smartwatch o Smart speaker), per cui sarà necessario creare un’esperienza d’acquisto fluida e ininterrotta attraverso tutti i possibili dispositivi utilizzabili dal cliente.
L’IoT aprirà le porte anche a pagamenti ricorrenti che verranno effettuati al verificarsi di eventi specifici, come una macchina da caffè che finisce le capsule o una stampante a corto di toner. I consumatori saranno inoltre sempre più propensi a cercare prodotti attraverso comandi vocali e questo aumenterà l’immediatezza con cui vengono comparati, specialmente per quanto riguarda prezzo e brand. Per gli Ecommerce si aprono quindi nuove opportunità, come la possibilità che i propri prodotti vengano ricercati attraverso gli smart speaker e appaiano su piattaforme apposite come lo Shopping di Google o servizi analoghi.
In-Thing Purchase significa letteralmente “acquisto all’interno dell’oggetto” ed è simile all’In-App Purchase. Mentre con quest’ultima possiamo pagare una piccola somma per sbloccare un servizio aggiuntivo dell’App, con l’In-Thing Purchase sblocchiamo una funzione aggiuntiva direttamente dal dispositivo stesso, come una lavatrice o una videocamera.
Basti pensare a una telecamera di sorveglianza Smart che per un costo aggiuntivo (pagabile, per esempio, quando si utilizza questo servizio extra) permette di avere un pronto intervento in caso di manomissione di porte o finestre. Un servizio premium attivabile all’occorrenza, magari quando il proprietario si assenta per qualche giorno e lascia la casa incustodita (o in altre circostanze in base al servizio premium di interesse). Le applicazioni possibili grazie all’IoT sono potenzialmente infinite (un altro esempio è un’auto che può sbloccare più potenza in termini di cavalli o batteria).
Con così tante informazioni condivise grazie all’IoT non è da escludere il rischio che cadano nelle mani di potenziali hacker. Inoltre una buona parte dei dispositivi connessi non è stata creata per essere in regola con i protocolli PCI DSS (Payment Card Industry Data Security Standard) e in un mondo di pagamenti digitali è fondamentale che questi standard vengano adottati da tutti i dispositivi per garantire la sicurezza dei dati sensibili trasmessi. Fortunatamente il mondo IoT si sta evolvendo molto rapidamente e queste problematiche andranno via via scomparendo.
Nonostante vi siano ancora importanti sviluppi da portare avanti, il mondo dell’Internet of Things è in grande espansione e vedrà un aumento sostanziale dei dispositivi connessi utilizzati dalle persone e delle funzionalità che possono offrire. Sempre più clienti effettueranno acquisti tramite questi dispositivi connessi, come smart speaker o smartwatch, utilizzando anche comandi vocali e questo aprirà la strada a nuove modalità di pagamento e opportunità per il mercato, come l’In-Thing Purchase. Per approfondire l'argomento, visita l'insight dedicato a IoT e le opportunità per Ecommerce e vendite in-store.
Survey CATI realizzata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano in collaborazione con Doxa, Dic. 2018.
Statista, 2018.
Survey CATI realizzata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano in collaborazione con Doxa, Dic 2018.
IoT Analytics, 2018.
Serie di survey realizzate dall’Osservatorio del Politecnico di Milano in collaborazione con Doxa, 2014 (online), 2016 (online), 2017 (CATI) e 2018 (CATI).